Chi sono i veri lupi?

Lupo e zootecnia. Una convivenza possibile?
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Giustino
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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da Giustino » 31 mag 2011, 16:15

Ringrazio Bea perchè la sua è una foto "autentica" della situazione della pastorizia oggi, il "problema" Lupo è francamente un non problema: se consideriamo i 2500 capi predati nel 2010 e li raffrontiamo con il dato complessivo di ca 8.000.000 di capi presenti in italia, possiamo stimare che complessivamente il Lupo ha provocato una diminuzione nella misura dello 0,03% ; sarebbe interessante sapere nello stesso periodo quanti capi sono stati rubati o sono rimasti vittime di incidenti.
Recentemente per lavoro ho parlato con un dirigente coldiretti di una provincia toscana, che analizzando la situazione della pastorizia nella nostra regione mi ha elencato tutta una serie di problemi (peraltro molto simili a quelli elencati da bea) ma non ha fatto alcun accenno al "problema Lupo".... ...
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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da DanieleC » 31 mag 2011, 21:41

a livello globale,lo 0,03% non è niente......
ma per un piccolo allevatore......che ha 100 pecore,di cui 30 predate,il problema per lui esiste....
a mio giudizio..occorre anche valutare queste "piccole" perdite!
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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da davide79 » 31 mag 2011, 22:37

Io non credo che il lupo sia da considerare un non problema. Le statistiche in discussione credo non siano nemmeno raffrontabili in quanto un dato parla di patrimonio zootecnico nazionale mentre il lupo non è diffuso su tutto il territorio e sopratutto non lo è in maniera omogenea come l'attività zootecnica d'altra parte. A mio avviso sarebbe meglio analizzare il fenomeno su scala locale e considerare che in ogni caso il problema lupo per gli allevatori va ad aggiungersi a tutti gli altri che affliggono tale attività. Mi sembra più che giusto prendere le dovute distanze da chi vuole usare questo splendido animale come capro espiatorio ma non bisogna neanche cadere nell'eccesso contrario.

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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da poggioallorso » 01 giu 2011, 07:46

senz'altro il lupo "è" un problema, nello specifico. (ma lo è anche il cancro in casa mia, visto che mia madre ne è morta, anche se le stime nazionali dicono che la morte per cancro al seno ha incidenza bassissima...) ma evidentemente non su scala nazionale.

sarebbe davvero interessante conoscerne l'incidenza regione per regione, visto che le stime generiche hanno sempre lo stesso difetto: un italiano mangia un pollo arrosto alla settimana.. si, ma in realtà uno ne mangia due e uno neanche ne sente l'odore.... ma questo vale per l'incidenza del cancro, dell'obesità, della povertà, eccetera, eccetera...

personalmente ho testimoniato le difficoltà di un'azienda agricola italiana, non di una specifica regione. visto che costi, tasse, regole e gabelle sono ormai simili per tutte le regioni, e questo ovviamente vale anche per il lupo, sempre in una visione su scala nazionale del problema.

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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da Duccio » 01 giu 2011, 09:40

Bellissimo thread, complimenti a Bea per l'incipit ed il taglio.
Le cose sono come dici, la zootecnia, soprattutto quella montana è in forte crisi per una serie di motivi, anche legati alla incapacità dei piccoli allevatori di fare rete e realizzare delle economie di scala. La dimensione del "piccolo" è passata da essere conveniente, io a tal riguardo riporto l'esperienza di mio cognato che fino a un decennio fa aveva un gregge di 60 pecore che assicurava un interessante entrata economica, ad essere infruttuosa. Entrano in gioco tanti fattori che possono fare la differenza: l'età del titolare e l'area in cui è situata l'azienda (e quindi la possibilità di avere contributi), il possesso di pascoli, la capacità di investire e quindi accedere a contributi che cofinanziano gli interventi produttivi (purtroppo funiziona così...), la capacità di fare un buon prodotto (formaggio) e di venderlo a filiera corta ad un prezzo adeguato, etc. In questo senso anche il ruolo delle APA e delle Associazioni di categoria può essere determinante. Ad esempio l'APA di Pistoia ha fatto un progetto per valorizzare il formaggio di pecora a latte crudo, ha formato i pastori per migliorare i prodotti, ha ottenuto il presidio slow food, ha fatto conoscere i prodotti al Salone del gusto di Torino per valorizzarli in ambito di filiera corta, etc.
Gli adeguamenti normativi che hanno riguardato le aziende hanno colpito indiscriminatamente i piccoli ed i grandi, e chiaramente i primi sono più fragili ad ogni nuovo costo o adempimento. Il costo di truffe ai danni dei consumatori (leggasi BSE-TSE e anche quote latte) cade sulla testa dei piccoli, che hanno più o meno sempre lavorato come si deve.
Se fino a qualche anno fa con un gregge di 100 pecore si campava una famiglia, ora ce ne vogliono almeno 250 e aumentando di dimensione spesso l'attività diventa incompatibile con gli strumenti (macchine agricole) e spazi aziendali (stalle, pascoli, impianti), non si riesce più a trasformare, si vende il latte o il formaggio ai grossisti e si perde tutto il vantaggio di aver investito ed essere cresciuti.
E poi va a finire come per il latte bovino che non possiamo che vendere alla centrale locale, con un prezzo imposto ed iniquo.
La scelta della dimensione ottimale è fondamentale.

E' difficile lavorare sui dati. Già avere dei dati attendibili sul numero di capi ovicaprini non è scontato. Da poco è entrata in vigore l'anagrafe ovicaprina, ma ancora c'è chi non si è messo in regola. Impossibile avere una quantificazione del danno reale causato da lupo, anche su piccola scala.
Non sappiamo quanti lupi ci sono in Italia e dove sono (e quindi quali aree sono esposte al fenomeno). Le prime due regioni per capi ovicaprini sono la Sardegna e la Sicilia, dove il lupo non c'è proprio.
Sul territorio mugellano, quindi una porzione della provincia di Firenze, qualche anno fa abbiamo fatto uno studio spot insieme ad una tesista di agraria, che si è presa l'onere di visitare tutte le aziende e ottenere i dati sugli attacchi, rompendo il muro della diffidenza. Sono dati da prendere con le molle, ma realistici.
Per il periodo compreso tra il 2005 ed il 2006 nel solo Mugello sono cadute vittima dei lupi (o canidi) almeno 488 pecore, su un totale di circa 5500 capi al pascolo. Quindi una percentuale assolutamente rilevante, quasi il 10%, ma chiaramente si fotografa una situazione di crisi acuta, che per fortuna poi si è almeno in parte risolta.

Il danno da predazione non è però assimilabile ad un generico costo aziendale. Intanto non è prevedibile, sia in termini di dimensioni che di tempo, poi è calmierato da una serie di azioni "preventive" che diffusamente vengono adottate che rappresentano il costo "grigio" del lupo. Ad esempio molti allevatori tengono gli animali in stalla anzichè al pascolo. Questo comporta dei costi, in quanto il fieno è chiaramente più costoso del pascolo, ma è un "danno" che non emerge.
Un pò come il problema dei furti. La possibilità di essere derubati è statisticamente bassa, ma magari investiamo in allarmi, recinzioni, etc. nonchè cambiamo le nostre abitudini in modo significativo. Sono i costi "grigi". Senza contare che quando il ladro entra a fronte di un danno limitato abbiamo una esperienza indelebile che può cambiarci radicalmente, anche da un punto di vista emotivo.
Quando si subisce un attacco è la stessa cosa: possiamo avere la perdita di un capo, e il danno è limitato, possiamo avere un attacco in primavera che comporta la perdita della produzione lattea, aborti, agnelli che devono essere allattati, pecore che non vogliono più stare al pascolo, programmi di selezione che saltano, e anche perdita di premi di produzione per non aver più il numero minimo di capi.
La cosa è complessa e per capirla davvero è necessario parlare e visitare tante aziende.
Certo è che di fronte a questa situazione così delicata a volte basta l'attacco del lupo, o le complicazioni per assicurare la sicurezza delle pecore da un possibile attacco, per chiudere l'attività, già economicamente marginale. La goccia che fa traboccare il vaso.
In questo senso ho apprezzato molto l'idea iniziale del progetto della Regione Piemonte "Propast", in quanto andava nelle sue intenzioni a cercare di risolvere attraverso azioni di sistema, creazione di reti, formazione, valorizzazione delle produzioni, a migliorare la situazione economica degli allevatori, in modo da rendere anche il "problema lupo" più sostenibile dal settore.

Ultima considerazione che voglio fare: il pascolo ovino in montagna è una benedizione per l'ambiente. Tutte le praterie secondarie che sono presenti in appennino e anche sulle Alpi, derivano da queta attività che è vecchia come il mondo. Molti dei SIC/SIR della Toscana (ad esempio la Calvana) hanno un valore in termini di biodiversità garantita da questa attività, per cui è bene battersi per assicuare la convivenza delle due realtà: pascolo e lupi. Ed è possibile, almeno in tanti contesti.
Mi fa piacere che Coldiretti si sia aperta al tema della prevenzione, mi sembra un passaggio epocale da non trascurare nel comunicato stampa postato.

Chiudo... oggi passo a comprare il cacio caprino all'Eremo dei Toschi... speriamo che sia un piccolo contributo per una azienda virtuosa che produce in armonia con il proprio territorio...

ciao, d.
Duccio Berzi, Presidente Canislupus Italia.

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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da pigrofalco » 01 giu 2011, 10:38

Preziosissimo contributo Duccio, bel post!
Alessio Pieragnoli, Consigliere Canislupus Italia.

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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da franco » 01 giu 2011, 11:47

certi post andrebbero raccolti e pubblicati
bello
ciao
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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da Giustino » 01 giu 2011, 12:27

Grazie Duccio, per l'equilibrio (la competenza è scontata...) con cui affronti sempre questi temi.
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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da albino » 02 giu 2011, 08:12

mi accodo ai complimenti....... :)
Alberto

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Re: Chi sono i veri lupi?

Messaggio da poggioallorso » 02 giu 2011, 09:44

è un gioco di prospettive, piu' ci si avvicina più si vedono costi grigi e variabili d'ogni tipo. piu' ci si allontana piu' si vedono le difficoltà che oggi accomumano aziende di ogni genere anche su scala nazionale...

la pastorizia nasce per sua natura in un ambiente povero di conoscenze, se non quelle inerenti al gregge stesso e alla sua cura... ed invece oggi un pastore deve avere capacità tecniche, pratiche, gestionali, di amministrazione e non ultime di marketing...

per quanto riguarda le predazioni e la loro prevenzione, forse un approccio capillare alle aziende sul territorio, magari sperimentale... una task force di volontari che porti informazione, formazione ed anche input etici ed ecologici, che tenga contatti e proponga soluzioni di prevenzione e recupero, che sia punto di riferimento e segua e supporti teoricamente il percorso dell'azienda stessa.... forse sarebbe un modo per sensibilizzare e monitorare... ed anche per portare benefici sia al pastore che al lupo...
bea
Bea


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