A quanto are a breve in Toscana avremo anche gli orsi...
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Il ritorno dell’orso in Toscana
Come il lupo e il gatto selvatico, anche l’orso Marsicano sta risalendo l’Appennino, ed è probabile il suo ritorno in regione. L’ultima segnalazione, anni fa, a 20 km da Sansepolcro
Di Riccardo Mostardini
Non si sa di preciso quando, ma avverrà – salvo sorprese – entro pochi anni. All’inizio saranno solo segnalazioni sporadiche, giunte dai crinali della Toscana orientale in qualche punto tra l’alpe della Luna e il passo dei Mandrioli. Poi, col tempo, ai primi individui maschi erratici si sostituirà una popolazione con le sue femmine, i suoi cuccioli, il suo territorio elettivo. E, a quel punto, l’orso bruno (Ursus arctos) avrà fatto ritorno in Toscana, oltre due secoli dopo la sua totale estinzione in regione. E’ una certezza? No, solo una forte probabilità basata su fattori etologici: dall’Abruzzo, l’orso Marsicano (sottospecie di orso, da alcuni ritenuta specie a sé stante), sta espandendo il suo areale e, in direzione Nord, ha ormai superato i monti Sibillini tra Marche e Umbria. E, alcuni anni fa (2008) un singolo individuo (o, secondo altre segnalazioni, una femmina con un cucciolo) è stato avvistato ripetutamente sui monti di Apecchio (Marche), a soli 20 chilometri da Sansepolcro (Ar) e a meno di 100 km da Firenze.
Vedremo, quindi, orsi in Toscana a breve termine? Non è una certezza, appunto, perché l’orso Marsicano è tra le popolazioni a maggiore rischio di estinzione del pianeta: nell’area storica del parco d’Abruzzo la sua densità resta da decenni stabile su circa 50 esemplari (le stime 2014 ne calcolano da 45 a 60), con un tasso di riproduzione di soli 8 cuccioli l’anno per l’intera popolazione. Fuori dal parco, invece, è stimata la presenza di qualche decina di esemplari, costantemente a rischio per disturbi antropici (bracconaggio, avvelenamenti, frammentazione degli habitat) e cause naturali come la predazione intraspecifica (cannibalismo) o l’impoverimento della variabilità genetica.
D’altro canto, la recente storia delle migrazioni animali in Italia ci insegna che, in presenza di «corridoi ecologici», le specie presenti in appennino Centrale tendono a diffondersi verso Nord: è il caso del lupo (che, ad esclusione di piccoli gruppi, era estinto in Toscana ancora negli anni ‘80 ed è poi rientrato dai crinali orientali della regione) e del gatto selvatico, segnalato in Casentino solo dal 2000 in poi. Un corridoio ecologico è infatti una porzione lineare di territorio in cui i fattori che consentono la presenza (o il transito) della fauna non hanno soluzione di continuità: un perfetto esempio è la stessa catena appenninica, un’ininterrotta serie di vette superiori ai 1000 metri, boschi di faggio/abete bianco, e aree con limitata presenza umana. Ed è lungo queste linee – e solo lungo di esse – che le specie animali terrestri migrano e creano poi nuovi insediamenti.
Ed ecco perché, con forte probabilità, anche l’orso è destinato a rientrare a breve in Toscana, seguendo (più lentamente, per maggiori esigenze ecologiche) le stesse linee di migrazione percorse dal lupo e dal gatto selvatico. Ma, se le condizioni ambientali sono propizie a un suo ritorno, discorso diverso vale per l’accoglienza che gli sarà tributata dalla nostra specie in un territorio, quello toscano, che pare ancora arretrato nella gestione della coesistenza coi predatori e dell’incremento faunistico seguente all’abbandono delle aree rurali. Tra le crudeli (e insensate) istanze di chi vorrebbe il completo sterminio dei predatori, e le fragili utopie di chi immagina di contenere centinaia di migliaia di ungulati senza un solo colpo di fucile, il panorama nostrano appare impregnato di quell’emotività tipica di comunità sempre più sradicate – nella cultura, nel dibattito pubblico, nella vita quotidiana - dal territorio circostante. Una società dove ogni daino diventa un tenero Bambi, dove ogni lupo diventa mannaro e che, anche nei suoi comparti rurali, è ormai profondamente «urbana», cronicamente spaesata davanti a ciò che definisce Natura e agli equilibri che questa Natura impone, richiede, suggerisce e insegna. E in questo contesto, forse, è quasi meglio che l’orso non riesca a rientrare: perché sarebbe solo un’ulteriore occasione per creare discordia tra gli esseri umani.