Orso Bruno (Ursus arctos)

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franco
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Re: Orso Bruno (Ursus arctos)

Messaggio da franco » 15 mag 2011, 23:14

A mio parere la seconda che hai detto. Questo non perchè sono del partito dell'orso ma per quel poco di esperienza di altre realtà che conosco. Teniamo poi presente che gli orsi possono benissimo e liberamente (e già lo fanno) disperdersi a est e a ovest (più spesso) ma anche a nord. Fino agli anni '80 nel parco d'abruzzo giravano almeno 100 orsi in un area di 40-50.000 ettari, a sul monte nevoso ci sono 100-120 orsi in 28.000 ettari (ma quelle densità sono mantenute in modo un po' artificiale). Il solo Parco Nazionale Adamello Brenta ne misura 62.000. Ovviamente bisogna vedere non solo le estensioni ma anche le vocazionalità ma è per dire che 30 orsi non sono poi molti. Il problema qui sono gli orsi problematici (che scoperta) come DJ3 e una certa corrente politica che è ben decisa a cavalcare l'onda emotiva e un mal contento comunque relativo che serpeggia. Quando è stata fatta l'analisi di fattibilità per la reintroduzione dell'orso si era parlato di una soglia critica di circa 60 orsi in TN. Non so tra quanto potremmo arrivare ad avere 60 orsi in trentino, magari tra una decina d'anni se non succede nulla di grave (uccisioni illegali o accidentali) nel frattempo. Molti orsi si disperderanno nelle province vicine e fuori dai confini nazionali. Per ora lo fanno i maschi ma tra un po' inizieranno anche le femmine. Questo per dire che secondo la vera densità portante è ancora lontana dall'essere raggiunta.
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Re: Orso Bruno (Ursus arctos)

Messaggio da maxbear » 16 mag 2011, 14:31

2/3 orsi ogni 100 km2: questa è la densità di orsi che c'è stata in passato, che c'è ora e che ci sarà in futuro sulle alpi (non solo trentine)! ma una parte politica sta alimentando, in maniera barbara e senza sosta, la polemica e incomincia pure a mettere in dubbio i dati ufficiali, sparando cifre a sentimento... bruttissimo segno...

un saluto

max

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Re: Orso Bruno (Ursus arctos)

Messaggio da albino » 16 mag 2011, 18:48

quale è la densita accettabile, dall' ambiente alpino di orsi per kmq? o meglio ogni 100km? 2/3 0 20/30?
e per quello appenninico?

scusate ma non mi tornano i conti, troppa sproporzione tra i dati citati da Franco e maxbear; o sono entrambi in errore e il numero corretto è a meta??
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Re: Orso Bruno (Ursus arctos)

Messaggio da pigrofalco » 16 mag 2011, 19:12

albino ha scritto:quale è la densita accettabile, dall' ambiente alpino di orsi per kmq? o meglio ogni 100km? 2/3 0 20/30?
e per quello appenninico?
scusate ma non mi tornano i conti, troppa sproporzione tra i dati citati da Franco e maxbear; o sono entrambi in errore e il numero corretto è a meta??
Concordo, 100km2 sono 10.000 ha e forse 2 orsi sono pochi, ma 100 orsi in 28.000 /50.000 ha sembrano troppi, vorrebbe dire uno ogni 280/500 ha, mi sembra una densità abnorme.

Questo link della prov. di Trento parla di stime che si attestano in effetti su quelle citate da maxbear. A Franco la palla ora :mrgreen:
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Re: Orso Bruno (Ursus arctos)

Messaggio da maxbear » 16 mag 2011, 19:47

albino ha scritto:quale è la densita accettabile, dall' ambiente alpino di orsi per kmq? o meglio ogni 100km? 2/3 0 20/30?
e per quello appenninico?
non è una questione di accettabile o meno, quella densità è quella che l'ambiente alpino può supportare per la biologia e etologia della specie, lo è stato in passato e lo è attualmente! in slovenia, dove c'è un ambiente più favorevole, la densità sale fino a 7/10 orsi ogni 100 km2; andando verso nord (finlandia, per esempio) la densità cala drasticamente in quanto l'ambiente è meno produttivo per questo animale, discorso inverso invece andando verso sud (vedi abruzzo)!

ciao :)

max

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Re: Orso Bruno (Ursus arctos)

Messaggio da franco » 16 mag 2011, 20:30

la slovenia, citata da me, E' un esempio abnorme. O meglio lo è per le realtà a cui siamo abituati. La densità nel parco nazionale d'abruzzo era quella negli anni '80, anche io in un altro forum (NM) e personalmente al Dott Zunino ho chiesto chiarimenti e mi hanno confermato i dati. Oggi le densità abruzzesi sono molto più basse perchè ci sono la metà degli orsi e dispersi anche (qualcuno dice soprattutto) fuori dai confini del parco.
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Intervista sull'Orso Marsicano al Prof. Boitani

Messaggio da marcospada » 03 giu 2011, 10:32

Riporto dal sito "Gaianews":


Abbiamo intervistato Luigi Boitani, professore ordinario di Biologia animale e dell’uomo presso l’Università La Sapienza di Roma. Il professor Boitani collabora da anni con Enti quali il Paco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, la regione Abruzzo e la regione Lazio nei progetti che intendono studiare con grande rigore scientifico quale sia la reale situazione degi Orsi Marsicani sull’Appennino centrale.


Trascrizione
Domanda: Quando e perchè l’orso è diventato a rischio di estinzione e dove viveva allora?

Luigi Boitani: L’orso è sempre stato una specie a rischio di estinzione in tempi storici, perché ha un areale di distribuzione estremamente ristretto. Cioè, è ridotto ad una piccola popolazione in un’area molto piccola, che è poco più del Parco d’Abruzzo e le aree circostanti; da un punto di vista biologico questo è un ottimo indicatore di specie minacciata. Quando il Parco d’Abruzzo fu fatto, cioè cent’anni fa, fu fatto anche per l’orso, che già a quel tempo era ristretto solo a quest’area. Certo in precedenza, tanto tanto tempo fa, in tempi geologici l’orso era distribuito su un areale molto più grande, ovviamente; non è che è nato e si sviluppato solamente in Abruzzo; però sicuramente per quello che riguarda l’evoluzione di questa specie nell’ultimo secolo o poco più, è sicuramente sempre rimasta lì, quindi noi non possiamo dire che la situazione sia cambiata negli ultimi 100 anni. E’ possibile che forse 100 anni fa fossero diversi nel numero, qualcosa di più, ma ciò non toglie che fosse già allora una popolazione ristretta su un areale molto piccolo, quindi già a suo tempo doveva essere considerata – e fu considerata – una specie minacciata d’estinzione.

D: Quali furono le misure adottate per evitare l’estinzione dell’orso e in che misura e con quali modalità venne coinvolta la popolazione?

L.B. Parliamo del passato?

D.Sì, parliamo del passato ora.

L.B. Nel passato fu fatto un Parco, il Parco d’Abruzzo, e basta. Poi, negli ultimi tempi sono stati fatti un sacco di progetti (ultimi tempi vuol dire ultimi vent’anni, trent’anni), come l’impianto di molti frutteti, meli o cose del genere in giro per il Parco d’Abruzzo con l’ipotesi che questo aiutasse l’orso, che secondo qualcuno soffriva perché non aveva abbastanza risorse alimentari. Queste sono state azioni finanziate anche da fondi comunitari e qualcuno si è divertito a fare la somma di tutte le cifre spese nelle decadi passate: sono quasi 15 miliardi. Con il risultato che non hanno smosso di una virgola la situazione della popolazione, anzi, forse la popolazione nel frattempo è anche un po’ diminuita. Dico forse perché non ci sono dati a supporto di questa affermazione.

D.: Quando si è cominciato ad affrontare il problema dell’orso con criteri scientifici? In che modo?

L.B: Questa è una domanda difficile perché ognuno ha una diversa interpretazione del criterio scientifico. Allora se adottiamo l’unico criterio che a me pare valido, cioè che un metodo scientifico sia quello trasparente, ripetibile e confermabile da vari ricercatori, beh non si è mai fatta ricerca scientifica sull’orso nel passato. Sono stati fatti un sacco di piccoli tentativi spuri, messo un radiocollare qui, una volta è stata fatta una stima della popolazione parziale con un metodo sicuramente poco scientifico. Quindi in realtà di approccio scientifico, cioè pubblicabile su riviste scientifiche e attraverso il sistema del peer-reviewed, che permette di dare un minimo di garanzia nella correttezza dei dati, questo non è mai stato fatto. Un primo lavoro di più di 30 anni fa di Herrero e Zunino (Herrero è un ricercatore canadese molto esperto di orsi che a suo tempo fece una stima di quanti orsi c’erano, e venne fuori un centinaio). Però era una roba di 30, 40 anni fa che oggi non reggerebbe a nessun esame di scientificità e fu più che altro un primo punto di partenza, con l’opinione di una persona che passò del tempo nel parco e si fece un’idea di quanti orsi ci potevano essere.

D: Dunque i metodi per cominciare a contare gli esemplari di orso si sono evoluti nel tempo?

L.B: Assolutamente. Negli ultimi anni noi abbiamo la disponibilità di tutte le tecniche genetiche, che sono formidabili se usate con criterio, perché attraverso l’identificazione genetica anche con metodo non invasivo, cioè con la raccolta di peli, si possono identificare i singoli individui di orso, quindi con questa tecnica si possono evitare i metodi classici di cattura, marchiatura e ricattura e si può arrivare a delle stime molto molto precise.

D. Questa cosa è stata fatta per l’orso marsicano?

L.B. Sì, è stata fatta, è stata anche pubblicata. Sono stati pubblicati almeno 3 lavori su questo negli ultimi anni. Qualcuno addirittura è ancora in pubblicazione. Sono stati pubblicati, i numeri sono pubblici e chiunque può analizzare il metodo e i risultati. L’ultima stima è di una popolazione molto piccola appunto: 42 individui con un intervallo, questa è la cosa più importante, un intervallo fiduciale attorno a questa stima che è molto piccolo, che va dai 37 ad un massimo di 48 – 50 individui. Perché vede, l’importante è dare una stima dell’errore, un valore di errore attorno ad una stima: perché quando diciamo che gli orsi sono 50, dovremmo dire che in realtà sono circa 50. Ma quanto è questo circa? E’ da 20 a 70 oppure da 48 a 52? Cambia moltissimo, perché vuol dire che la stima è fatta in maniera più o meno accurata. E allora noi abbiamo sprecato un sacco di tempo e forse anche di risorse per definire che in realtà questo numero, 42 – 43 che diciamo ha intorno un intervallo di errore molto piccolo. Quindi è una stima molto attendibile.

D. Comunque queste ricerche sono necessarie, perché altrimenti non si saprebbe come procedere nell’attività….

B: Io sono totalmente d’accordo che se non abbiamo un punto di riferimento scientifico, allora galleggiamo sulle opinioni e le opinioni sono tutte valide, la mia, la sua, quella del primo che incontriamo per strada, perché ognuno ha la sua opinione, ma sulle opinioni non penso che si possa basare una strategia, una tattica, una guerra di conservazione, un’azione politica, un’azione economica, non si possano spendere dei quattrini, perché poi conservare l’orso costa soldi. Insomma, non è che si possono far le cose sulle opinioni, così tanto per provare. Ci vuole una base scientifica, questo è il metodo che usiamo che ne so, in medicina o quando una persona sta male, è il metodo che usiamo in economia. In tutte le cose che facciamo, cerchiamo la realtà dei fatti e poi su quella cerchiamo di costruire. L’unico ambito in cui questo non succede è la politica.

D. Dunque, volendo fare il punto della situazione, attualmente l’orso in quali zone vive e com’è la popolazione di questi orsi?

L.B. Questa domanda è importante perché richiede un minimo di spiegazione. La popolazione è ridotta ad un piccolo numero e vive essenzialmente nel Parco d’Abruzzo e nell’area immediatamente circostante. Poi, in qualsiasi popolazione di orso bruno c’è la dispersione dei giovani nati alla ricerca di nuovi territori e nuovi partner come in gran parte delle specie: è un meccanismo naturale di espansione della specie e di rimescolamento anche genetico. Nell’orso però quello che succede è che i maschi si muovono su distanze molto più lunghe e le femmine su distanze più corte, per cui quello che accade molto spesso nell’Appennino Centrale è di ritrovare dei maschi giovani che sono anche a distanze importanti dal Parco d’Abruzzo. Ad esempio, oggi abbiamo un maschio che vive nel Parco dei Sibillini, nelle Marche. I termini di chilometri non è una grande distanza dal Parco d’Abruzzo, però è un problema, perché questo animale è da solo lì e prima che possa arrivare una femmina a fare coppia con lui passeranno diverse generazioni, per cui non si incontreranno mai. Quindi da un punto di vista della conservazione, quell’orso dimostra la vitalità della popolazione che ancora manda degli animali giovani in dispersione per colonizzare nuove aree, però di fatto è un animale perso che non avrà mai possibilità di riprodursi e di contribuire quindi alla crescita della popolazione. Quindi oggi abbiamo una presenza stabile nel parco d’Abruzzo e nelle aree immediatamente circostanti e delle presenze sporadiche in molte altre aree dell’appennino centrale. Appunto i Sibillini, il Parco della Majella, talvolta il Gran Sasso, il Parco Regionale del Velino Sirente, il Parco dei Simbruini nel Lazio e così via, cioè presenze temporanee.

D. E per quello che riguarda l proporzione fra femmine e maschi? E se ci può accennare qualcosa sul ciclo riproduttivo delle femmine.

L.B: Oggi su un numero così piccolo, 40-45 animali rimasti, stimiamo che le femmine in età riproduttiva siano più di una decina e questo è un problema, perché le femmine non si riproducono tutti gli anni: E’ vero che fanno due e anche 3 piccoli, come c’è stato il caso dell’anno scorso, però su un numero così piccolo la varianza può essere molto alta. Quindi abbiamo avuto in un anno 10 piccoli, in che è molto buono, ma poi però non è che questo numero si mantiene tutti gli anni. Peraltro, noi diciamo che ogni orso ucciso da bracconaggio o da incidenti è un fatto gravissimo, e quando soprattuto muoiono delle femmine è un colpo veramente, non dico mortale ma insomma molto molto serio alla sopravvivenza della popolazione. La femmina che stata uccisa in un incidente stradale meno di un mese fa vicino Pescasseroli era una femmina che aveva al seguito tre cuccioli dell’altr’anno. E adesso questi tre cuccioli se ne girano da soli per il Parco e bisogna gestirli anche bene, per evitare che imparino a venire vicino ai paesi e poi diventino col tempo degli orsi che creano dei problemi.

D. Quindi sicuramente l’orso è a rischio di estinzione. Ma si può dire, è corretto dire, che la popolazione è in diminuzione?

L.B: tecnicamente non è corretto, perché noi non abbiamo stime ugualmente precise e tecnicamente attendibili come questa ultima, quindi in realtà non possiamo comparare numeri di diversa qualità. La sensazione di molti esperti, ma non la mia, perché io onestamente non c’ero e non saprei dire la situazione nel passato, ebbene la sensazione di alcune persone più vicine alle situazioni dell’orso dicono che l’orso sia diminuito. Però io prenderei questo come un’opinione personale tutta da verificare, non ci costruirei sopra delle azioni di conservazione. Tra l’altro c’è da dire un’altra cosa che molti si dimenticano: gli orsi sono pochi al parco d’Abruzzo, è vero. però se dividiamo questo numero per l’area del Parco d’Abruzzo otteniamo una densità di orsi che è tra le più alte conosciute per la specie sulla faccia della Terra.

Quindi quello che è importante non è discutere qui se nel Parco d’Abruzzo sia diminuito, cioè se invece di 40 prima c’erano 100 esemplari, perché è un po’ difficile che nel passato ci siano stati 100 orsi. Sarebbe stato il doppio della densità attuale, che è quasi incredibile dal punto di vista biologico. Quello che invece è vitale per la persistenza della popolazione sulla faccia della Terra è che questa popolazione continui ad aumentare, ma non di densità dentro al Parco, ma allargando l’areale nelle aree esterne al Parco. Quindi noi dobbiamo far sì che ci siano più orsi nell’Appennino, ma in nuove aree, e cioè nei parchi dell’Abruzzo, come appunto quello della Majella e del gran Sasso e del Sirente Velino, anche fino ai Sibillini, perché no, tutto l’Appenino centrale che ha degli habitat ancora ottimi per gli orsi. Ma non possiamo lavorare per aumentare in maniera enorme la densità degli orsi nel Parco dAbruzzo, perché questo è un non senso.

D. A parte la questione della densità, quali sono le altre difficoltà che si affrontano per creare una popolazione stabile?

L.B. Direi non molte altre, perché al popolazione di orsi dell’Abruzzo vive da secoli a stretto contatto con l’uomo ed ha imparato a convivere con l’uomo. Che è una cosa unica: quando raccontiamo di come gli orsi girano intorno alle case nei paesi d’Abruzzo, in America la gente quasi non ci crede, perché da loro invece si tende a tenere molto distanti gli orsi dagli abitati e da qualsiasi attività antropica. Da noi no, invece. C’è una stretta contiguità senza grossi problemi,. Perché nel passato l’orso faceva un po’ di danni, mangiava un po’ di pecore, ma le pecore sono praticamente quasi finite nel parco d’Abruzzo: Oggi ci sono soprattutto mucche e cavalli e l’orso ha un rapporto completamente diverso con queste specie. Poi, certo, ogni tanto arriva nei pollai intorno a Scanno, però sono pochi individui che imparano a fare queste cose, pochissimi. E un’attenta gestione di questi individui, chiamiamoli così, problematici o che creano conflitti maggiori degli altri è abbastanza facile. Solo che richiede una serie di pratiche che vanno applicate con determinazione e continuità, cosa che il Parco nel passato non ha mai fatto.

D. Quindi questo cambiamento della tipologia di allevamento non ha nessuna implicazione sulla salute dell’orso?

L.B: no, ha molte implicazioni, perché è vero che l’orso non uccide più perché non entra più negli ovili indifesi com’era un tempo. Oggi il pascolo delle mucche e dei cavalli è sostanzialmente brado, e nel pascolo brado abbiamo innanzitutto una discreta quantità di animali muoiono di mortalità naturale e restano quindi carcasse disponibili delle quali gli orsi si cibano ampiamente (orsi, lupi, cinghiali e tutti gli animali che possono mangiare una carcassa). Quindi, sicuramente questa disponibilità alimentare favorisce l’orso senza poi creare conflitti, perché non sono gli orsi che uccidono questi animali, muoiono per conto loro. Quindi c’è sicuramente una modifica dell’ecologia di tutto l’ambiente. Però poi non bisogna dimenticare che ci sono altre cause di minaccia alla popolazione dell’orso, che sono per esempio, non so, gli incidenti stradali.

D. Questa orsa uccisa un mese fa stata messa sotto da un autobus, punto. Che si fa?

Si possono fare delle cose. Ma non fino in fondo: non è che si possono chiudere le strade asfaltate, che servono i paesi che stanno all’interno del Parco d’Abruzzo. Si può richiedere di andare più piano, si possono imporre dei limiti di velocità. Però, insomma, lei sa bene che queste sono cose che si possono dire, cercare di applicare, ma sono molto difficili, insomma.

D: Per quello che riguarda invece l’antropizzazione dei territori, noi abbiamo da poco realizzato un’inchiesta sul progetto di costruire un comprensorio sciistico fra il parco Sirente Velino e il Paco Gran Sasso e Monti della Laga. Anche questo potrebbe avere secondo lei delle implicazioni?

L.B. Quel progetto lì in particolare non insiste su aree adesso importanti per l’orso, perché non ci sono orsi in quell’area lì, però è sicuramente un’area di potenziale espansione dell’orso. Allora lo sforzo che io faccio ogni volta per spiegare ad amministratori e politici la conservazione dell’orso, è che non possiamo pensare ad un futuro per l’orso soltanto nei confini del parco dAbruzzo. Se ci mettiamo in questa ottica, l’orso è perso in partenza, è come pensare di salvare una specie in uno zoo. Non è possibile. Per conservare davvero l’orso bisogna pensare in termini, diciamo così, di un’area più vasta e quindi in questa ottica ecco che ci servono tutte quelle aree, come quella oggetto di quel progetto di sviluppo sciistico demenziale per i parchi del Sirente Velino e del gran Sasso. La Regione Abruzzo è ben cosciente di questo problema: con l’assessore della passata amministrazione, per esempio, abbiamo prodotto una carta di idoneità ambientale per l’orso in tutto l’Abruzzo e la Regione ha avuto la sensibilità di dire: OK, in queste aree dove c’è alta idoneità e che quindi sono potenzialmente importanti per l’orso anche in futuro, non facciamo sviluppo, ad esempio di impianti eolici. E su questa base è stato bloccato un progetto di impianto eolico su una montagna che si chiama Monte di Serralunga, che è fuori dal parco, in cui gli orsi non sono presenti in maniera permanente, ma ci passano e quindi è un’area vitale per la conservazione dell’orso.

D. Ci può accennare quali sono stati i progetti finanziati anche dalla Comunità Europea che sono stati realizzati in passato e se ce ne sono adesso altri in atto? Di che cosa si occupano e quali risultati hanno prodotto?

L.B. Nel passato, io non ho partecipato, quindi parlo per sentito dire e per le cose che ho letto, ma non in prima persona. Nel passato ci sono stati molti progetti finanziati dalla Commissione Europea, progetti Life gestiti dal Parco d’Abruzzo direttamente o dal WWF, che hanno sostanzialmente riguardato informazioni al pubblico, ripiantumazione di frutteti e dar da mangiare all’orso in qualche maniera. Questi progetti non hanno portato a nessun risultato, tant’è vero che l’orso non ha sostanzialmente cambiato il suo status. Ma anche per un ragionamento molto semplice: chi ha deciso che l’orso aveva fame? Non si sa. Se aveva fame, chi ha deciso che i frutteti erano un buon modo per dargli da mangiare? E, soprattutto, non c’è stata mai una valutazione. Ad esempio, si stabilisce qual è l’obiettivo ala fine del progetto, aumentare la popolazione dell’orso? Di quanto? Del tre per cento, dieci per cento, quello che sia. Allora alla fine del progetto qualcuno fa una valutazione: di quanto è aumentata la popolazione? Di più o di meno? Abbiamo raggiunto l’obiettivo, sì o no? Questo è il modo di fare logico: ecco, non è mai stato applicato questo metodo, per cui sono stati spesi un sacco di soldi per piantare meli nell’assunto che questi meli potessero servire a qualche cosa, e non sappiamo se siano serviti a qualche cosa, probabilmente a niente, visto che l’orso si è ridotto a 40 individui.

Finiti quei progetti non c’è stata mai una ricerca scientifica, perché il Parco d’Abruzzo fino a 5 – 6 anni fa, con la passata gestione, rifiutava l’apporto di ricercatori della scienza in generale. Ogni anno uscivano editti che dicevano che gli orsi erano sempre di più, 60, 70, 80, 100 ed erano numeri buttati lì, così, tanto per dare i numeri, come si dice in italiano.

Con la nuova gestione le cose sono cambiate, perché la nuova gestione ha pensato invece di far ripartire la ricerca, ed è questo il momento in cui l’Università di Roma è ritornata nel Parco d’Abruzzo, ma è ritornata non solo con le sue capacità tecniche, ma anche con i suoi finanziamenti. Noi abbiamo finanziato la ricerca sull’orso negli scorsi sei anni grazie ad una donazione di una signora americana, che ha donato più di un milione di dollari direttamente all’Università, lo Stato non ci ha messo una lira, la Commissione Europea non ci ha messo una lira, nessun altro ha messo una lira, né la Regione, né il Parco né nessun altro. Quindi, quando si grida al fatto che si sprecano soldi pubblici è un falso, perché sono i soldi di una persona privata americana che li ha donati per questo scopo. Il Parco però ha contribuito con il personale, con i mezzi, con la logistica e ha pienamente appoggiato tutta la ricerca scientifica. Quindi su questo bisogna dire che c’è stata un’inversione di tendenza rispetto agli anni passati, notevolissima e importantissima, e oggi il Parco cerca di seguire questa traccia basata sui fatti, non sulle opinioni.

Parte del lavoro di ricerca scientifica che abbiamo fatto negli ultimi 5 anni ovviamente cercava uno sbocco anche politico, non era solo una ricerca scientifica a se stante, ma era finalizzata alla conservazione dell’orso, quindi a costruire un sistema che permettesse poi una gestione più razionale della specie nel tempo. Ed uno dei punti essenziali necessari per la conservazione dell’orso è che tutti i vari enti, le istituzioni, le associazioni, chiunque sia interessato alla conservazione dell’orso collabori. Nel passato quello che è successo è che ognuno andava per conto proprio, il Parco d’Abruzzo contro tutto il resto del mondo, la regione Abruzzo senza sapere quello che fa la regione Lazio, insomma, un macello. Invece l’idea che abbiamo messo sul terreno è di un grande coordinamento: certo, è una cosa difficilissima: Allora il PATOM significa proprio questo, Piano di Azione per la tutela dell’Orso Marsicano, e non è altro che un protocollo di coordinamento e di collaborazione fra tutti i soggetti interessati territorialmente o per altri motivi alla conservazione dell’Orso: quindi non è un progetto, ma è un protocollo,un piano.

Che poi però va attuato. Va attuato con delle azioni. Allora sulla base del PATOM è stato proposto un altro progetto, LIFE NATURA, che è stato finanziato e si chiama PROGETTO Arctos, che è cominciato da pochi mesi e vede la collaborazione di moltissimi soggetti che facevamo parte del PATOM.

D. Se lei dovesse dire in maniera secca perché la popolazione dell’orso non aumenta, a quali cause attribuirebbe questo fatto?

L.B. L’eccessiva mortalità, perché ancora oggi abbiamo circa due orsi e mezzo morti all’anno per cause di vario tipo.

D. Ci può accennare a quali sono le cause.

L.B.: Beh, come le ho detto prima un incidente automobilistico, uccisioni accidentali, gravissime. Uso non a caso queste due parole perché nel passato abbiamo avuto diversi orsi uccisi dal veleno. Io non credo che ci siano più i bracconieri per l’orso, cioè gente che va ad ammazzare l’orso per farsi la pelle o tanto per divertirsi. Non abbiamo evidenze o indicazioni che questo accada. Però molti orsi muoiono sui bocconi avvelenati, che vengono messi soprattutto per i lupi, per i cani randagi, l’Abruzzo è strapieno di cani randagi. Se lei gira per la Marsica nel periodo di primavera, tutti sanno che si fa quella che chiamano la “pulizia di Pasqua”: bocconi avvelenati messi a destra e a sinistra per togliere un po’ di volpi, cani, lupi e avere la mano libera con il pascolo brado, perchè così si possono lasciare mucche e cavalli in giro. l’orso non va a mucche e cavalli, ma ci vano i lupi sicuramente. Quindi per difendersi dai lupi vengono messi bocconi avvelenati sui quali poi casca tutto. Lei ricorderà forse la morte di 3 orsi qualche anno fa, fu gravissimo: tutti e tre su una carcassa di un vitello infarcito di anticrittogamici e pesticidi. L’altr’anno un’orsa con il piccolo morti in una vasca, mah, tutti hanno detto che erano morti annegati, ma quando mai! Abbiamo evidenza che sia stato un avvelenamento, e poi dopo chiaramente sono morti nell’acqua, ma insomma quella è stata l’ultima causa. Quindi il veleno è oggi più che nel passato il pericolo numero uno.

D: Quindi quali sono secondo lei i problemi che andrebbero risolti urgentemente e come?

L.B: Questa è una domanda veramente al di fuori delle mie capacità. La gente d’Abruzzo ama l’orso. Il 90 per cento delle persone ha un atteggiamento positivo e vuole la conservazione dell’orso, quindi non c’è nemmeno bisogno di sprecare soldi in campagne di informazione di educazione, non c’è niente da fare di tutto questo. La gente è già informata e già ama l’orso. Il problema è in quella piccola minoranza di criminali che ci sono sempre. Alcune delle azioni criminali possono essere contrastate, altre no. Se un pazzo prende l’autostrada contromano, c’è sempre un pazzo del genere, ma per fortuna con una frequenza molto bassa. Però quando viene fuori può fare grossi danni.

Allora quello che noi dobbiamo fare sicuramente, che dovremo fare in maniera molto più robusta, è un’azione di contrasto nell’uso dei veleni, questa è una conditio sine qua non. Se continuiamo con questa mortalità di due orsi e mezzo l’anno, l’orso non ha scampo.

D. Può dirci perché è importante proteggere l’orso dall’estinzione?

L.B: No, questo non glielo posso dire, perché la risposta a questa domanda è diversa a seconda delle persone che ci ascoltano. A qualcuno basta la semplice ragione etica, che ogni specie ha diritto di esistere, ad altri basta la ragione estetica, perché l’orso è bello, ad altri serve una giustificazione ecologica, perché l’orso ha un ruolo nell’ecosistema della montagna, ad altri ancora dei ragionamenti economici, perché l’orso è un’attrazione per il parco. E posso continuare.

D. E a lei come scienziato?

L.B. No, lo scienziato non ha un’opinione in questo senso, può fare la domanda a me come persona.

D. Quindi la cosa che mi diceva prima, che l’orso ha un ruolo all’interno dell’ecosistema del parco?

L.B. Ma certamente, però questa è una risposta debole, perché immagini tutto l’appennino meridionale, non è che è messo male. Si può campare anche senza orsi. Se uno punta sul fatto che l’orso è essenziale alla salute dell’ecosistema, questa è una risposta che è in parte vera, perché ogni specie è essenziale alla salute dell’ecosistema, però si potrebbe vivere anche senza zanzare, no? Se lei me lo chiede come persona, la risposta ce l’ho netta, sono totalmente appassionato si animali, di lupi, di orsi, non posso pensare a un mondo senza di loro.

D. Le faccio un’ultima domanda, perché ho ascoltato una sua conferenza disponibile su youtube, in cui parlava della difficoltà di raccordare la ricerca scientifica, che dovrebbe proporsi come risposta ad un problema, con l’amministrazione e la politica.

L.B. Sta toccando proprio un tasto rovente, è il famoso science-politics gap, il salto che sta fra il dato scientifico e l’azione che ne dovrebbe conseguire, quindi la politica. Certo, in Italia questo salto, questo vuoto è enorme, la politica e le azioni di risposta non avvengono nemmeno di fronte alla più ovvia evidenza scientifica. Ma qui l’Italia sconta la sua cultura dominante più umanistica rispetto ai Paesi anglosassoni, dove invece c’è più attenzione per il dato scientifico, il dato oggettivo, una lettura molto più razionale delle cose. Noi siamo più generalisti, quindi anche di fronte ad un dato preciso ci si nasconde, ci si inventano scuse, ma sì, forse. Quindi trasformare una evidenza scientifica in una azione da noi è estremamente complicato. Il Parco d’Abruzzo negli ultimi anni ha imboccato una strada un po’ diversa, e quindi ci sono dei segnali nella direzione giusta. Però anche per il Parco c’è ancora moltissimo da fare, perché basta vedere tutta la gestione della zootecnia che hanno dentro al Parco, che è di una irrazionalità totale. Tutto il lavoro da fare sugli aspetti sanitari che coinvolgono la zootecnia stessa, le ASL, la regione e così via, è totalmente fuori controllo, nonostante ci siano dei dati.

Poi chiaramente in Italia si muove tutto di corsa nel momento in cui c’è il morto. Ci vuole il morto, poi però vengono fatte delle azioni di corsa che vengono successivamente abbandonate. Quando furono uccisi i tre orsi arrivò il ministro. Ah, facciamo qui, facciamo là, si è fatto qualcosa per due mesi e poi è finita. Questo è il grande dramma dell’Italia.

Non vorrei aggiungere altro se non il mio continuo tormentone che faccio sempre: fine delle chiacchiere, non è più tempo per chiacchiere. Ci vogliono i numeri, ci vogliono i dati, e su questi ci vogliono la collaborazione e il coordinamento di azioni efficaci sul territorio.

Intervista a cura di Federica di Leonardo
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Re: Intervista sull'Orso Marsicano al Prof. Boitani

Messaggio da pigrofalco » 03 giu 2011, 10:58

Bravo Marco importante contributo sul quale invito ad aprire una discussione.
Alessio Pieragnoli, Consigliere Canislupus Italia.

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Re: Intervista sull'Orso Marsicano al Prof. Boitani

Messaggio da marcospada » 03 giu 2011, 16:14

Lo ho postato perche' riguardo l'Orso ci sono due "scuole di pensiero" contrapposte: quella del Prof. Boitani e quella del Prof.Tassi che pur avendo le stesse finalita' dicono cose diverse, o quasi:

riporto dal Comitato Parchi:


Questa volta i bracconieri non si sono accontentati di assassinarlo, ma lo hanno anche seppellito, ricoprendo la fossa di terra e calce per non farlo scoprire: l’uccisione dell’orso risale a mesi fa, ma a quanto pare nessuno se ne era accorto. E ancora una volta, è stata scoperta per caso, perché strani odori provenienti dal suolo spingevano gli animali selvatici a scavare proprio in quel punto. Con questa ennesima vittima innocente, secondo il Gruppo Orso i plantigradi perduti nell’ultimo decennio sarebbero ormai circa una trentina.

La notizia non meriterebbe commenti, se non che ai proclami trionfalistici di studiosi e responsabili non corrisponde nei fatti che una lunga serie di annunci funebri. Ed è ridicolo cercare di sostenere che l’orso sia ben protetto, che muoia per cause naturali, o che già dal secolo scorso risultasse ridotto ai minimi termini… Oppure far credere che la situazione sia sempre stata così drammatica, manipolando le statistiche per confondere le idee. Sarebbe invece il caso di dire finalmente la verità, adottando le misure da tempo sollecitate dal Gruppo Orso e rispondendo a poche semplici, essenziali domande (si veda l’accluso Decalogo).

Anzitutto, non va taciuto che ogni morte di orso scatena grandi assicurazioni e promesse, cui non seguono poi effetti pratici. I colpevoli non sono mai individuati e puniti, non intervengono efficaci strategie di contrasto, e non si rivela neppure se l’orso morto faceva parte o meno di quelli già censiti. Intanto fuoristrada, motocross e cani dilagano, imperversa il bracconaggio, continua l’invasione delle “vacche sacre”: e come per incanto, spuntano qua e là anche esche avvelenate di ogni tipo. Si finanziano autorevoli ricerche scientifiche che si protraggono per tempi biblici, ma nessuno indaga su costi e risultati.

La confusione regna sovrana, soprattutto sul numero degli orsi. Nel giro di pochi anni, il valzer delle cifre ha danzato da 20 a 30, poi tra 40 e 50, senza mai rivelare che questo dinamico censimento investe soltanto una parte del territorio frequentato dal plantigrado. Infatti altri orsi vengono intanto segnalati, osservati e fotografati nei Parchi e nelle Riserve circostanti: in Abruzzo, Lazio e Molise, e perfino nelle lontane Marche. Negli ultimi tempi, le autorità si sono spinte ad ammettere che l’orso marsicano potrebbe oggi contare 70 individui, e oltre. Ma nessuno confessa quanti individui siano stati davvero perduti nell’ultimo decennio (una trentina circa, secondo gli osservatori più attenti): forse perché questo dimostrerebbe chiaramente che le poco dispendiose stime ufficiali dell’inizio del nuovo millennio, le quali valutavano la consistenza della popolazione appenninica a circa un centinaio di esemplari, erano più che fondate.



Comitato Parchi Nazionali
Gruppo Orso Italia
Roma, 23/4/2011

Alla salvezza dell'orso marsicano.

Da molti anni il Gruppo Orso raccomanda, spesso inascoltato, di adottare rimedi concreti per sottrarre all’estinzione l’Orso marsicano (Ursus arctos marsicanus), senza dubbio l’animale più importante, amato e minacciato della fauna italiana.
Ecco, in sintesi, i dieci “comandamenti” che potrebbero assicurargli un futuro migliore.

1.- Rilanciare l’immagine dell’Orso, simbolo della Marsica e dell’Abruzzo in Italia e nel mondo.
2.- Divulgare la sua straordinaria storia, realtà e lotta per la vita nelle scuole, nelle organizzazioni culturali e turistiche, negli ambienti giornalistici, accademici e politici.
3.- Rafforzare il presidio del territorio con ampliamento della tutela, miglioramento della sorveglianza, volontariato nazionale e internazionale, massimo coinvolgimento generale.
4.- Ripristinare quella campagna alimentare che per un lungo periodo (1969-2001) aveva offerto risorse naturali, fungendo anche da ammortizzatore sociale per i coltivatori locali.
5.- Evitare tagli forestali di tipo industriale che diradino il bosco e aprano varchi di accesso verso zone remote, frequentate e abitate dal plantigrado.
6.- Mantenere la pastorizia ovina tradizionale nelle aree consentite, ma precludere l’invasione di mandrie bovine esterne, per evitare conflitti con i grandi predatori.
7.- Pur incoraggiando la ricerca scientifica, escludere interventi “invasivi” come ripetute catture, uso eccessivo di radiocollari, disseminazione di esche olfattive.
8.- Render note in modo completo e trasparente le perdite di orsi dell’ultimo decennio, per individuarne, comprenderne e contrastarne le vere cause.
9.- Ristabilire, in luogo del costoso “censimento” su parte dell’areale, un semplice ma efficace metodo di “stima” globale, che abbracci l’intero territorio abitato dall’orso.
10.- Rilanciare il progetto di riproduzione in siti riservati, con madre e cuccioli insieme nel periodo delle cure parentali, e successivo “ricondizionamento” dei giovani alla vita selvatica.

Fin dagli anni Settanta, il Parco Nazionale d’Abruzzo è stato all’avanguardia nella ricerca scientifica su Orso, Lupo, Lince, Camoscio d’Abruzzo e Biodiversità, promuovendo tra i primi in Europa indagini approfondite sui grandi predatori e strategie vincenti per la loro salvaguardia: basterebbe ricordare ad esempio le Operazioni San Francesco per il Lupo appenninico e Gattopardo per la Lince, nonchè le numerose Campagne in difesa dell’Orso marsicano.

Salvare l’Orso marsicano significa, anzitutto, rivalutare la cultura della convivenza: amare questo eremita vagabondo, infatti, non vuol dire spiarlo, braccarlo, nutrirlo, ma rispettarlo e proteggere la sua dimora, difendendo la pace e il silenzio delle montagne, e l’atmosfera selvaggia delle ultime selve vetuste. Vuol dire insomma saperne cogliere le presenza da mille tracce e indizi, magari osservandolo talvolta da lontano per brevi attimi, e trattenendo il respiro. Consiste nell’essere comunque felici per il solo fatto di sapere che lui, l’ultimo custode di un prezioso mondo altrove scomparso, ancora esiste vive e respira non lontano da noi.
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Re: Intervista sull'Orso Marsicano al Prof. Boitani

Messaggio da funghimundi » 04 giu 2011, 10:15

Riporto anche questo articolo apparso recentemente su wilderness.it

ORSO BRUNO MARSICANO: PIU CHE MAI A RISCHIO ESTINZIONE!
Questa volta l’allarme lo ha lanciato il Prof. Luigi Boitani del Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università “La Sapienza”. Ed è un triste allarme. Gli orsi marsicani forse non sono più di 40, con una bassa presenza di femmine in età riproduttiva (si dice una decina).
Il problema della loro sopravvivenza è ormai drammatico, e ciò nonostante i milioni (si dice più di 12, e di Euro!) spesi in ricerche che definire inutile è forse eccessivo, ma definire utili è altamente esagerato se lo scopo era quello di stabilire dei provvedimenti da prendersi per far sì che la popolazione aumentasse di numero. Ma di provvedimenti non ne sono mai stati presi, se non proclami sulla stampa, e quei pochi presi si sono rivelati dei semplici palliativi, fumo negli occhi di chi dava fiducia alle autorità, per far credere che qualcosa si stava facendo. Lo stesso PATOM, lanciato in pompa magna qualche anno fa, come reazione ad una situazione già allora definita disastrosa, come ha sostenuto il Prof. Boitani, “a prodotto poco o nulla”; un organizzazione che unì tutte le autorità pubbliche, dai Parchi alle Province alle Regioni al Ministero dell’Ambiente. Tante parole, incontri, promesse, piani, ma poco costrutto. Ed allora cosa propongono ancora le autorità e gli studiosi? Finalmente azioni pratiche e concrete? No! Un altro progetto: “Life Arctos” con soldi dell’Unione Europea! E quindi avanti con altri studi e ricerche ed inutili conteggi. E avanti con le solite, trite, teoriche proposte vecchie di quarant’anni: ampliare il Parco e chiudere la caccia! Ma il Parco non ha mai impedito l’uccisione degli orsi, quindi non è ampliando il Parco ed impedendo la caccia al suo esterno che si evita il bracconaggio, ma eliminando le cause che spingono alcuni a farsi giustizia con le proprie mani. Il bracconaggio è tale proprio perché viola le leggi, e non sono quindi le leggi che lo fermano!
Proposte di interventi che sono solo e sempre teoria, senza mai andare alla radice del problema. Che di orsi ne siano morti tanti negli ultimi quarant’anni è notorio. Ma il problema vero è stabilire il perchè di queste morti: bracconaggio verso cervi e cinghiali (e di cervi e cinghiali nel Parco e sue aree esterne è pieno zeppo e nessuno dice di ridurne il numero); rivalsa di pastori ed allevatori (e nessuno dice mai che bisogna indennizzare bene queste categorie per evitare il loro stato di disagio verso l’orso); turismo escursionistico che disturba l’orso in tutte le stagioni (e nessuno dice mai che bisogna avere il coraggio di riservare grandi aree naturali all’orso); carenza di risorse alimentari “artificiali” da agricoltura (e nessuno dice mai che bisogna incrementare quest’attività). Boitani affronta questi problemi solo alla lontana, quasi con fastidio, per accentrarsi verso il vero obiettivo “politico”: la solita chiusura della caccia ed il solito ampliamento del Parco (lo chiedeva già Franco Tassi quarant’anni fa, e senza aver speso 12 milioni di euro in ricerche!). Erano necessari tutti questi studi e questo sperpero di danaro pubblico per avanzare due proposte che non servono a risolvere il problema, perché le affermazioni del Professor Boitani sono sì veritiere (la morte di troppi orsi), ma affrontano il problema prendendolo alla metà e non già alla radice. Gli orsi sono stati sì spesso uccisi da cacciatori e bracconieri (di cinghiali) o da pastori (e più spesso nel Parco che non fuori), ma vengono uccisi per i motivi suddetti. Quindi la radice del problema è il fatto che gli orsi si sono dispersi in mezzo Abruzzo (problema che riduce la possibilità di incontri tra i due sessi), non il fatto che poi qualcuno ogni tanto viene ucciso (a dire il vero meno di quanto si vuole far credere). Se si cercasse di mantenere gli orsi nei Parchi, ecco che non vi sarebbe necessità di ampliarli (tanto più che di Parchi è pieno l’Abruzzo). Ma su questo Boitani non dice nulla. Ed allora eccola la soluzione che propone: continuare a fare ricerche!
Non è mistificando o nascondendo i problemi che si salverà l’orso, ma è affrontandoli alla radice, di petto, e con autorità. Ed allora ecco le semplici cose da fare, già dette e ridette tante volte: controllare il turismo in modo severe nelle aree critiche (chiudendole a tutti, e non riservandole ai soli “amici dell’orso”); indennizzare seriamente (100%, compresi le perdite indirette) tutti i danni, senza distingui, che pastori ed allevatori subiscono da orsi e lupi; favorire la pastorizia ovina ed il suo ritorno là dove è scemata, a costo di farlo in modo “artificioso” con greggi di pubblica proprietà; coltivare massicciamente le terre incolte di fondovalle (a costo di doverlo fare come pubblica autorità); bloccare tutti i progetti, di ogni natura, che stanno “frammentando” il territorio di vita dell’orso nel Parco Nazionale e nei sui circondari (anziché favorirli con la scusa di produrre energia “ecologica”, quando il problema, almeno in Abruzzo, è salvare l’orso, non produrre energia da rinnovabili!).
Data pubbl.: 28/04/2011


mica facile conciliare posizioni così distanti;

a mio giudizio quello che traspare dalla lettura degli articoli postati, al di là della innegabile competenza di Boitani, sono due fatti:

1) la italica abitudine di "dire ciascuno la sua" nel senso di arroccamento sulla propria posizione che "deve" distinguersi

2) l'enorme spreco di energie che potrebbero essere meglio dedicate alla causa comune

con questo non voglio dire che le opinioni diverse, anche distanti, non abbiano ragione di essere, anzi!
però mi pare che queste, pur legittime, tendano a fossilizzarsi più sulle divergenze (invalicabili) che sulle eventuali concordanze, sugli errori reciproci che sono oggetto di accusa invece che occasione di crescita (lo sa qualsiasi educatore che dagli errori si apprende), sul retropensiero invece che sulla prospettiva futura, sugli obiettivi secondari e di interesse personale (immagine, potere, carriera, seguito, parte economica, lobby, etc.) invece che su quello di fondo che è, o almeno dovrebbe essere, comune.

Una politica conservazionistica, che rientra nell'ambito delle cosiddette "chiacchiere", e le azioni che ne conseguono, che invece rientrano nei più ammirabili "fatti", sono di una complessità tale che richiedono necessariamente diversità: se irelative effetti , che sempre sono sinergici e mai unideterminati, sono costantemente minati da chiunque ne detenga un interesse o anche una capacità di controllo, non si va da nessuna parte.

Con buona pace della auspicata conservazione dell'orso.
Nella notte d'autunno
il mio passo è metro e secondo ....


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