Re: Majella 6-8 novembre'13-"Stati generali sul lupo".
Inviato: 13 nov 2013, 14:30
Ho partecipato alle tre giornate "scientifiche" del congresso ed è stata un'esperienza indimenticabile per chi, come me, è appassionato della specie e vuole approfondire le proprie conoscenze.
Impossibile fare una sintesi di quello che è accaduto in tre giorni, con interventi diversi ogni mezz'ora e la difficoltà di prendere appunti per via delle presentazioni con slide, piene di dati e immagini, e della qualità della traduzione, che non sempre è stata fedele a quello che si diceva sul palco ( in qualche caso ho ascoltato con un orecchio in cuffia e l'altro no). Per questo mi auguro che gli organizzatori pubblichino al più presto gli atti del convegno, per uso e consumo di chi non è potuto essere presente.
Vorrei comunque condividere con voi alcune riflessioni maturate in questi giorni.
La stessa opinione di Marco, è la mia. L'impressione che "ce la veniamo a raccontare tra di noi" è quella che è stata più viva durante le tre giornate. E' mancata la controparte, per quel che riguarda l'impegno alla conservazione della specie, e la mancanza si è sentita. Mi auguro che ci sia stata, e che il lavoro svolto dal progetto si sia concretizzato nei giorni precedenti, come comunicato dagli stessi organizzatori con un atto che cerrà presentato al Ministero. Peraltro, come ha sottolineato Ciucci nel suo intervento, un piano di gestione, in Italia, ce l'avevamo già, è soltanto mancato l'impegno successivo ad applicarlo.
Come mi auguro che il lavoro svolto sia servito davvero a fare "rete", come si evince dal nome stesso del progetto, "Wolfnet" e non rimanga circoscritto ai tre parchi coinvolti: lo stesso lupo che viene monitorato al PNFC, si sa, oggi c'è e domani potrebbe essere a chilometri di distanza, diventa spesa inutile, secondo me, in termini di monitoraggio e gestione se si continua a guardarlo nell'ottica del parco e dei suoi fini.
La frammentazione della gestione, difatti, è l'aspetto più eclatante evidenziato nel confronto dei dati europei, sottolineato dallo stesso Boitani, quando ha detto che lo stesso branco può essere completamente tutelato in Italia e ucciso legalmente a poca distanza, superati i confini con la Francia. L'altro esempio portato è stato quello della Spagna, dove il confine fra vita e morte è un fiume.
Ma anche l'Italia, dove la tutela è totale ( ma, come sottolineato da alcuni interventi, solo nei parchi nazionali, dove la protezione del lupo dovrebbe essere al massimo, si registrano decine e decine di decessi per bracconaggio- insomma, come "protettori" si fa un po' ridere i polli!), gli stessi regolamenti regionali creano un puzzle difficilmente gestibile se si vuole dare indirizzi di conservazione.
Altra riflessione, spinta proprio dal punto interrogativo nell'intervento di Ciucci: "Wolf monitoring for management e conservation?"
Riporto le sue perplessità, che sono le mie.
Ciucci ha esordito dicendo che studiare il lupo è divertente e ci piace. Ma che non sempre il monitoraggio viene fatto a fini conservazionistici, se poi ai risultati non seguono azioni. La riflessione mi ha portato a pensare che casi di radiocollaraggio o di monitoraggio una tantum nascono perchè magari avanza un radiocollare, che sia troppo grande per l'animale (da quanto emerso nel convegno, se non sbaglio, non dovrebbe superare il 2% del peso corporeo dell'animale) o che l'animale non sia in grado di inviare dati "realistici" per via delle sue condizioni, non conta, basta essere sul pezzo.
E sempre sui radiocollari.
E' emerso che un lupo radiocollarato è sempre un lupo radiocollarato, nonostante gli studi abbiano dimostrato che non ha difficoltà a reinserirsi nel branco di origine. E quindi, i dati comportamentali che riusciamo ad ottenere sono comunque falsati.
Ultima considerazione.
L'uomo è sempre il più grande nemico del lupo. Sono rimasta impressionata dai dati portati da Marco sui lupi trovati morti negli ultimi 5 anni in Umbria (che dovrebbero essere 44, Marco, correggimi se sbaglio): tutti son morti "per mano" umana, vuoi che si tratti di bracconaggio, di incidente stradale o, in un caso, di morte naturale per "affogamento" ma in un pozzo costruito dall'uomo. E sempre l'uomo o la vicinanza ad esso è causa di morte "indiretta" o di forte pericolo di conservazione della specie: la stessa cattiva o addirittura assente gestione dei cani vaganti è causa non solo del problema dell'ibridazione ma in tanti casi documentati al congresso, i contatti sempre più frequenti con altri canidi sono tramite di malattie (rogna, cimurro, leishmaniosi) che devastano interi branchi.
Insomma, si è parlato di doppiette e polpette, cani che la fanno da padroni e risarcimenti da danni. Poco, solo marginalmente, di problemi connessi alla gestione della fauna nel suo insieme (si tutelano i camosci, le renne o il lupo? E, aggiungo, si allontana il lupo dal suo nemico naturale portando un po' di prede dove dovrebbero stare?), ma comunque se n'è parlato.
Non si è parlato, o mi è sfuggito, di un paio di argomenti che mi stanno particolarmente a cuore e spero che chi "schiaccia i bottoni" e muove le macchine faccia un passo in questa direzione.
Il primo è il lupo "risorsa". Si è parlato solo di danni, rimborsi, spese, senza guardare la platea che c'era di fronte. Ho contato circa 500 persone al giorno, gente che in nome del lupo ha dato una scossa all'economia locale di proporzioni enormi: penso che con quello che hanno incassato hotel, ristoranti e commercianti della zona in tre giorni, il parco in cui è inserito Caramanico Terme ci potrebbe ricomprare pecore per millenni.
Il secondo argomento di cui non si è parlato, che mi tocca anche direttamente, è il rapporto fra media e conservazione: sono fermamente convinta che finchè qualcuno non prenderà in mano la situazione per far cambiare trend alla stampa, che continua a pasturare la percezione che ci viene da secoli di difficile convivenza fra uomo e lupo, qualsiasi intervento conservazionistico fallirà. Non so come può essere possibile, magari facendo rete o con un intervento unico e forte, ma so che l'opinione pubblica è il più grande pericolo per la conservazione della specie, perchè è al di sopra del singolo e sopra le stesse istituzioni che si muovono proprio spinte da essa.
E il grande burattinaio, il "quarto potere", è lì che la fa da padrone.
Impossibile fare una sintesi di quello che è accaduto in tre giorni, con interventi diversi ogni mezz'ora e la difficoltà di prendere appunti per via delle presentazioni con slide, piene di dati e immagini, e della qualità della traduzione, che non sempre è stata fedele a quello che si diceva sul palco ( in qualche caso ho ascoltato con un orecchio in cuffia e l'altro no). Per questo mi auguro che gli organizzatori pubblichino al più presto gli atti del convegno, per uso e consumo di chi non è potuto essere presente.
Vorrei comunque condividere con voi alcune riflessioni maturate in questi giorni.
La stessa opinione di Marco, è la mia. L'impressione che "ce la veniamo a raccontare tra di noi" è quella che è stata più viva durante le tre giornate. E' mancata la controparte, per quel che riguarda l'impegno alla conservazione della specie, e la mancanza si è sentita. Mi auguro che ci sia stata, e che il lavoro svolto dal progetto si sia concretizzato nei giorni precedenti, come comunicato dagli stessi organizzatori con un atto che cerrà presentato al Ministero. Peraltro, come ha sottolineato Ciucci nel suo intervento, un piano di gestione, in Italia, ce l'avevamo già, è soltanto mancato l'impegno successivo ad applicarlo.
Come mi auguro che il lavoro svolto sia servito davvero a fare "rete", come si evince dal nome stesso del progetto, "Wolfnet" e non rimanga circoscritto ai tre parchi coinvolti: lo stesso lupo che viene monitorato al PNFC, si sa, oggi c'è e domani potrebbe essere a chilometri di distanza, diventa spesa inutile, secondo me, in termini di monitoraggio e gestione se si continua a guardarlo nell'ottica del parco e dei suoi fini.
La frammentazione della gestione, difatti, è l'aspetto più eclatante evidenziato nel confronto dei dati europei, sottolineato dallo stesso Boitani, quando ha detto che lo stesso branco può essere completamente tutelato in Italia e ucciso legalmente a poca distanza, superati i confini con la Francia. L'altro esempio portato è stato quello della Spagna, dove il confine fra vita e morte è un fiume.
Ma anche l'Italia, dove la tutela è totale ( ma, come sottolineato da alcuni interventi, solo nei parchi nazionali, dove la protezione del lupo dovrebbe essere al massimo, si registrano decine e decine di decessi per bracconaggio- insomma, come "protettori" si fa un po' ridere i polli!), gli stessi regolamenti regionali creano un puzzle difficilmente gestibile se si vuole dare indirizzi di conservazione.
Altra riflessione, spinta proprio dal punto interrogativo nell'intervento di Ciucci: "Wolf monitoring for management e conservation?"
Riporto le sue perplessità, che sono le mie.
Ciucci ha esordito dicendo che studiare il lupo è divertente e ci piace. Ma che non sempre il monitoraggio viene fatto a fini conservazionistici, se poi ai risultati non seguono azioni. La riflessione mi ha portato a pensare che casi di radiocollaraggio o di monitoraggio una tantum nascono perchè magari avanza un radiocollare, che sia troppo grande per l'animale (da quanto emerso nel convegno, se non sbaglio, non dovrebbe superare il 2% del peso corporeo dell'animale) o che l'animale non sia in grado di inviare dati "realistici" per via delle sue condizioni, non conta, basta essere sul pezzo.
E sempre sui radiocollari.
E' emerso che un lupo radiocollarato è sempre un lupo radiocollarato, nonostante gli studi abbiano dimostrato che non ha difficoltà a reinserirsi nel branco di origine. E quindi, i dati comportamentali che riusciamo ad ottenere sono comunque falsati.
Ultima considerazione.
L'uomo è sempre il più grande nemico del lupo. Sono rimasta impressionata dai dati portati da Marco sui lupi trovati morti negli ultimi 5 anni in Umbria (che dovrebbero essere 44, Marco, correggimi se sbaglio): tutti son morti "per mano" umana, vuoi che si tratti di bracconaggio, di incidente stradale o, in un caso, di morte naturale per "affogamento" ma in un pozzo costruito dall'uomo. E sempre l'uomo o la vicinanza ad esso è causa di morte "indiretta" o di forte pericolo di conservazione della specie: la stessa cattiva o addirittura assente gestione dei cani vaganti è causa non solo del problema dell'ibridazione ma in tanti casi documentati al congresso, i contatti sempre più frequenti con altri canidi sono tramite di malattie (rogna, cimurro, leishmaniosi) che devastano interi branchi.
Insomma, si è parlato di doppiette e polpette, cani che la fanno da padroni e risarcimenti da danni. Poco, solo marginalmente, di problemi connessi alla gestione della fauna nel suo insieme (si tutelano i camosci, le renne o il lupo? E, aggiungo, si allontana il lupo dal suo nemico naturale portando un po' di prede dove dovrebbero stare?), ma comunque se n'è parlato.
Non si è parlato, o mi è sfuggito, di un paio di argomenti che mi stanno particolarmente a cuore e spero che chi "schiaccia i bottoni" e muove le macchine faccia un passo in questa direzione.
Il primo è il lupo "risorsa". Si è parlato solo di danni, rimborsi, spese, senza guardare la platea che c'era di fronte. Ho contato circa 500 persone al giorno, gente che in nome del lupo ha dato una scossa all'economia locale di proporzioni enormi: penso che con quello che hanno incassato hotel, ristoranti e commercianti della zona in tre giorni, il parco in cui è inserito Caramanico Terme ci potrebbe ricomprare pecore per millenni.
Il secondo argomento di cui non si è parlato, che mi tocca anche direttamente, è il rapporto fra media e conservazione: sono fermamente convinta che finchè qualcuno non prenderà in mano la situazione per far cambiare trend alla stampa, che continua a pasturare la percezione che ci viene da secoli di difficile convivenza fra uomo e lupo, qualsiasi intervento conservazionistico fallirà. Non so come può essere possibile, magari facendo rete o con un intervento unico e forte, ma so che l'opinione pubblica è il più grande pericolo per la conservazione della specie, perchè è al di sopra del singolo e sopra le stesse istituzioni che si muovono proprio spinte da essa.
E il grande burattinaio, il "quarto potere", è lì che la fa da padrone.